Alla scoperta della Baia di Belfalas

Ischia, l’Isola Verde.
Le origini e le somiglianze con la Baia di Belfalas

Morfologia del territorio

L’isola vulcanica d’Ischia sorge nel Golfo di Napoli e dista dalla terra ferma 29 km.
Fa parte delle Isole Flegree insieme a Procida, Vivara e Nisida e conta sei comuni: Ischia, Casamicciola Terme, Lacco Ameno, Forio, Serrara Fontana e Barano d’Ischia.
L’isola ha un’estensione di 46,33 kmq ed un perimetro di 34 km ed è l’ottava isola d’Italia e la più grande dell’arcipelago partenopeo.

Con i suoi 62.027 abitanti (ISTAT 2009) è la terza più popolosa isola italiana, dopo Sicilia e SardegnaEssa si trova tra 40°41’29” (Punta Sant’Angelo) – 40°45’39” (Punta Cornacchia) di latitudine Nord e 13°15’10” (Punta Imperatore ad Ovest) – 13°58’11” (Castello Aragonese ad Est) di longitudine Est nella parte meridiana del Mar Tirreno.

Cenni sulla vulcanologia:

L’età di inizio dell’attività vulcanica sull’isola non è precisamente noto; infatti le rocce più antiche datate, che non sono le più antiche in affioramento, hanno un’età di 150 mila anni ed appartengono ad un complesso vulcanico attualmente in parte eroso e ricoperto dai prodotti dell’attività più recente.

I prodotti dell’attività successiva alla formazione di questo complesso sono costituiti da piccoli duomi lavici a composizione trachitica (dal greco τραχύς “dalla superficie scabra, ruvida”; rocce per lo più chiare: grigio, giallognolo, rossiccio) e fonolitica (dal gr. ϕωνή “suono” e λίϑος “pietra”, pietre sonore,rocce eruttive effusive di colore grigio chiaro o verdicce).

Questi duomi (Campagnano, Monte Vezzi, Sant’Angelo, Punta Chiarito, Punta Imperatore, Monte Vico e l’isolotto del Castello d’Ischia) sono situati lungo le coste dell’isola ed hanno un’età compresa tra 150 e 74 mila anni fa. A questo periodo di attività, cui si deve la formazione dei duomi lavici, fece seguito un periodo di quiescenza che si interruppe circa 55 mila anni fa con l’eruzione del “tufo verde” del Monte Epomeo (788m), il monte più alto dell’intera isola.

Linee di Faglia

Ischia è situata lungo un sistema di faglie orientato in direzione NE-SO, che si estende fino all’Isola di Procida ed ai Campi Flegrei. Questo sistema di fratture nella parte SO dell’isola è data dalla faglia che disloca i duomi lavici di Campagnano, M. Vezzi e Punta della Signora (150-55 mila anni fa).


Anche gli edifici vulcanici di Vatoliere, Molara e Cava Nocelle (più recenti di circa 10 mila anni), ugualmente situati nel settore sudorientale dell’isola, sono allineati lungo questo sistema di faglie.
Nel settore sudoccidentale dell’isola, l’area morfologicamente depressa compresa tra Sant’Angelo e Citara è invece legata ad una faglia di direzione NO-SE.

Antiche ricchezze vulcaniche e minerarie

La ricchezza vulcanica del suolo non solo porta ricchezza alla vegetazione e ai frutti ma, in passato, i minerali isolani hanno rappresentato un’importante fonte di scambi commerciali.
L’isola è, infatti pregna di ossido di ferro e ferro non ossidato, nascosto tra la sabbia nei lidi accosti al mare.
Queste sabbie formavano un capo d’industria per alcuni lavoratori che le raccoglievano lungo le spiagge di Lacco Ameno, Citara e dei Maronti, e circa 2670 quintali di questa rena depurata veniva, negli ultimi anni, esportata alle ferriere della provincia di Salerno. Fu persino eretta una fabbrica di ferro, ma era condotta con imperizia e quindi l’impresa non fu continuata.

Giacimenti di Allume

Altra importante risorsa che venne ad alleggerire le necessità economiche della popolazione isolana fu lo sfruttamento dei giacimenti di allume. Un minerale dai sali doppi, costituiti da solfati di alluminio e solfati alcalini, si trovava in natura particolarmente in depositi causati per azione di gas solforosi, sui tufi dei vulcani spenti.

Largamente diffuso ed usato nella fabbricazione del vetro, nella concia e nell’industria tessile come detersivo per eliminare grassi ed impurità dalla lana e come mordente per fissare i colori. L’allume rappresentava un elemento indispensabile, e diventava un monopolio, essendo i depositi di allume di qualità superiore concentrati in pochi luoghi.

Alcuni giacimenti scoperti sulla china del monte Epomeo venivano già sfruttati al tempi di Carlo I d’Angiò. Il mandatum del re, del 23 marzo 1273, comandava al suo procuratore di non fare molestare i diritti che la Regia Corte vantava sulle entrate dell’allume di Ischia.

Di questo minerale si sa che i migliori giacimenti si trovano presso le città di Karahissar e di Focea sulle coste dell’Asia Minore.
Di queste miniere, finché rimasero sotto il controllo dei Genovesi dal 1275 al 1455, la cristianità se ne avvalse senza alcun timore spirituale, ma, quando i Genovesi furono cacciati dai Turchi e questi conquistarono il monopolio del raro minerale, fu grave sventura rifornirsi direttamente dagli infedeli senza cadere nelle pene ecclesiastiche.

Ricerca e valorizzazione

Per fortuna dopo pochi anni, il giacimento di allume nell’isola d’Ischia in prossimità della cresta dell’Epomeo, cominciò ad essere valorizzato.
Si dice che Bartolomeo Pernice, negoziante genovese, visitando l’isola, s’imbatté per caso con alcune pietre cariche di cristalli d’allume, trasportate sulla spiaggia di Casamicciola, dalle acque del vicino ruscello. Conoscitore del materiale chimico e del metodo d’estrazione dell’allume, che si praticava in Rocca di Siria, eseguì rapidamente delle ricerche sulle pendici dell’Epomeo, particolarmente nella zona denominata Catreca, quivi trovò il giacimento di minerale ricercato.


Nel 1459 installava, in località Pera una fabbrica d’allume; il materiale in natura, carico di minerali, veniva prelevato nella zona detta Catreca, indi trasportato a mezza costa nell’opificio dove era sciolto nell’acqua, preparata con reazione acida; essiccatosi e chiuso in sacchi o botti di legno era trasportato nei magazzini siti sulla marina di Casamicciola, detta appunto la marina dell’allume; infine, imbarcato sulle navi “ferrandine”, esportato in Italia e all’estero.

“…questi innalzò la sua fabbrica nel luogo denominato la piazza della Pera in Casamicciola, ch’è posta verso N. dal lato di Catreca, al di sotto della punta un dì nominata della guardia su i giochi dell’Epomeo”. […] “Da Catreca questo terreno o pietra alluminosa si trasportava nel laboratorio della Pera, ed ivi purificata la materia, e compostone il minerale si trasportava alla marina di Casamicciola, per lo che prese il nome di marina dell’allumiera, in seguito corrottone il nome, nella marina delle lumiere. Asportossi tal prodotto in lontani paesi, ed un fonte di commercio e di lavoro si aprì agli abitanti dell’isola. Nel 1585 tale speculazione si andava estinguendo, e pure allora se ne spedivano annualmente circa 1500 cantaia di allume preparata. Fin dai primi anni del secolo XVIII si esaurì la parte alluminosa, in modo che oggi in pochissima quantità se ne conserva in quei terreni, che frammisti al corpo morto degli antichi scavi chiamasi terra d’Ischia eccellente alla fabbrica, per la forte composizione del cemento”.

Giuseppe D’Ascia, autore della monografia “Storia dell’isola d’Ischia” (1867)
La “pietra alluminosa”

Sentieri escursionistici

Il sentiero numero 502 del Club Alpino Italiano (CAI) detto anche “la via dei Carri” o Sentiero dell’Allume era (ed è attualmente) la strada battuta che metteva in comunicazione i luoghi di estrazione dell’allume (Crateca, Bianchetto, Montecito) con la zona di lavorazione della materia prima.
In più, nella località Fango, dove comincia l’itinerario escursionistico , per molti anni sono stati raccolti i fanghi naturali utilizzati nell’industria del termalismo.

Origine delle Terme di Ischia

Le acque termali di Ischia sono famose sin dai tempi più antichi e vengono citate nell’ Iliade di Omero e nell’ Eneide di Virgilio, come anche da Plinio e Strabone. Gli Eubei già conoscevano le proprietà curative dell’ argilla, apprezzata per le sue proprietà cicatrizzanti e depurative ed utilizzata sia esternamente a contatto con la pelle (con impacchi ed unguenti) sia internamente, diluita in acqua, per sfruttare la sua capacità rimineralizzante ed antianemica. Anche i bagni termali erano molto praticati.

Se i Greci furono i primi a conoscere i poteri delle acque termali, è nel periodo della Roma Imperiale che però le terme ischitane conobbero un momento di particolare celebrità. I Romani infatti utilizzarono le numerose sorgenti dell’ isola per realizzare Terme pubbliche.

Nel ‘700 è stata rinvenuta infatti nei pressi della Sorgente di Nitrodi, nel comune di Barano d’Ischia e dove sorgeva un tempietto dedicato ad Apollo ed alle Ninfe Nitrodiche, custodi delle acque, la più importante raccolta votiva del periodo romano. Si tratta di una serie di bassorilievi, tra i quali quello di Argenna, liberta di Poppea, che fa voto a dio ed alle ninfe per la recuperata salute. In epoca romana furono utilizzate anche altre fonti, come si vince da numerosi reperti disseminati su tutto il territorio dell’isola. Il declino della potenza dell’ Impero Romano, coincise con l’abbandono dell’uso delle terme ad Ischia.

Durante il Medioevo, l’isola versava in uno stato di decadenza e non vi sono tracce dell’uso delle acque termali in questo periodo.

Giulio Jasolino rivoluzionario delle Terme

Nel Rinascimento si torna a parlare delle terme di Ischia grazie a Giulio Jasolino , un medico calabrese naturalizzato napoletano che pubblicò nel 1588 una guida sulle acque termali ischitane. Jasolino effettuò un censimento delle sorgenti termali dell’isola, ne individuò la composizione delle acque e gli effetti benefici delle stesse su numerose patologie.

La ritrovata attenzione nei confronti di Ischia in questo periodo, si lega al fatto che il terremoto tra Baia e Pozzuoli del 1538 , aveva generato una collina detta Monte Nuovo, sconvolgendo il bacino termale e riducendo la portata di fonti calde.

Ischia, futuro delle Terme

Ischia divenne cosi meta obbligata del turismo termale, che ben presto non riguardò solo i ricchi, ma anche i meno abbienti. Infatti agli inizi del 1600, nell’ ambito di opere caritative promosse dalla Controriforma, venne fondato a Casamicciola Terme, per iniziativa di alcuni nobili napoletani, il Pio Monte della Misericordia, dove i malati venivano ospitati e curati con le acque curative dell’ isola presso le sorgenti di Gurgitello, del Fornello e Fontana.

Cure che venivano completate poi con le arenazioni a Lacco Ameno e le saune nei sudatori, grotte naturali nei pressi delle fumarole, di cui il più importante è quello del Testaccio.

Dopo un nuovo lungo periodo di decadenza del termalismo ischitano, esso rifiorì all’inizio dell’ 800.
In questo periodo le terme di Casamicciola erano ormai famosissime e regolarmente frequentate dai principali esponenti della nobiltà europea.

Qui, nel giugno del 1864, venne a curarsi per una settimana anche Giuseppe Garibaldi.

Nascita delle strutture alberghiere

Nemmeno il devastante terremoto del 1883, pur con la sua tragica corona di distruzioni, sarebbe riuscito a fiaccare le energie degli ischitani. Così nel ‘900, le strutture alberghiere e i paesi che le ospitano hanno saputo adeguarsi rapidamente alle esigenze più diffuse del turismo della salute e della bellezza, con piacevolissimi e lussureggianti giardini termali, attrezzatissimi centri per terapie disintossicanti e trattamenti estetici, che hanno finito per catalizzare su Ischia l’interesse di numerosi tour operator di respiro internazionale. Il maggior sviluppo nel 900, avviene verso gli anni sessanta, anche grazie all’ editore e produttore cinematografico Angelo Rizzoli, che allargò il centro termale del Regina Isabella e lo dotò di un lussuoso complesso alberghiero. Grazie a questa ed altre iniziative, Ischia a partire dagli anni 60 è divenuta la meta di numerosi artisti , politici e personaggi del jet set internazionale.

I NOMI DI ISCHIA

L’origine del suo nome si perde nei suoi millenari anni:

Il nome più antico è Pithecusa

Esistevano già nell’antichità due diverse interpretazioni etimologiche: l’autore alessandrino Xenagora (intorno al 90 a.C.) faceva derivare Pithekoussai da pithekos, in greco “scimmia ” e metteva in relazione tale derivazione con la leggenda della presenza a Ischia dei Cercopi e della loro trasformazione in scimmie.

Un’altra interpretazione etimologica è quella proposta da Plinio (Nat. Hist. 111, 6.82), il quale ritiene che il nome non sia in relazione con le scimmie (non a simiarum multitudine), ma derivi invece dai dolii (a figlinis doliorum), in greco pithoi – termine che può collegarsi alle fabbriche di anfore o genericamente ai vasi di terracotta. Tale teoria etimologica risulta, da un punto di vista archeologico, più convincente, in considerazione della fiorente attività ceramica attestata nell’isola fin nelle prime fasi della sua esistenza.

Inarime

Il nome ” Inarime “, usato per designare l’isola, ricorre solo in testi poetici. Lo si incontra per la prima volta in Virgilio (Eneide IX, 716); il commentatore Servio spiega che esso è derivato dal riferimento omerico a Tifeo nella terra degli Arimi (en Arimois: Iliade 11, 783), ossia secondo alcuni (compreso Virgilio al verso citato), sotto Ischia.

Aenaria

Aenaria, il nome latino di Ischia, che si trova già in Sisenna (fr. 125, Hist. Roman. Reliquiae) è indicato come un secondo nome di Pitecusa (Appiano, B. C., V, 69) ed era messo in rapporto da molti autori con il viaggio di Enea da Troia al Lazio: l’isola si trova effettivamente sulla rotta delle peregrinazioni dell’eroe troiano, per cui risultava verosimile che egli dovesse averla visitata. Alcuni antichi derivavano il nome di Aenaria proprio da quello di Enea (Plinio il Vecchio, Nat. Hist., III, 82 = 12, 2); ma l’etimologia resta oscura.

Iscla Maior-Castrum Gironis e l’odierno “Ischia

Ischia in un’incisione tratto da “La Terra, trattato popolare di geografia universale, di G. Marinelli e altri, vol. IV, Milano, Vallardi, 1894

Il toponimo “Insula” o “Iscla Maior” compare invece per la prima volta nell’812 in una lettera del Papa Leone III all’imperatore Carlo Magno, nella quale il pontefice denunciava le condizioni di saccheggio e di abbandono in cui versava l’isola a seguito di un violento attacco, protrattosi per tre giorni, dei Saraceni, senza che nessuno dalla vicina Napoli fosse occorso in aiuto dei locali. Interessante come la denominazione Insula – Iscla Maior, serva a distinguere l’abitato del Castello (Castrum Gironis) dal resto dei villaggi presenti sull’isola, evidenziando come il primo avesse vita e rappresentanza altre dai restanti casali dell’isola.

Da qui si sarebbe poi approdati, per successiva contrazione del topos Insula (Insula – Iscla) all’odierno Ischia.

La Baia di Belfalas
di J.R.R. Tolkien.
Ispirazione/Etimologia/Territorio.

Nell’universo immaginario scritto dall’abile penna del famosissimo professore di Oxford, è sita una baia marina che si affaccia sulla costa meridionale di Gondor, dove regna la Sovraintendenza e la città stessa chiusa nelle mura e negli alti livelli della grande Fortezza di Minas Tirith.

La baia prende il nome dalla penisola di Belfalas (“Bel”=forte, grande, “falas”=costa).

Essa, dopo gli sconvolgimenti della Prima Era si estendeva dal promontorio di Andrast, alla foce dell’Anduin, fino alle terre del sud vicino alla città di Umbar.

Ai tempi della Guerra dell’Anello, (23 febbraio 3019 Terza Era – 5 novembre 3019 Terza Era, Romanzo “Il Signore degli Anelli”), la baia vide il regno del Principe Imrahil, nel castello di Dol Amroth, posizionato nella parte meridionale esposta al mare della suddetta Penisola di Belfalas.

Secondo alcuni studiosi la baia corrisponde nel mondo reale al mare Mediterraneo per via della cultura del clima e del tipo di commercio simili.

Brevi cenni storici
sulla capitale della
Penisola di Belfalas

Dol Amroth era una città famosa per i propri potenti cavalieri, “i cavalieri azzurri”. Essa costituiva uno dei principali centri di potere di Gondor, insieme a Minas Tirith ed al porto di Pelargir.
Il suo simbolo era un cigno d’argento.

Il nome deriva dalla leggenda del re elfico Amroth, naufragato in pieno mare e finito nella baia di Belfalas.

ISCHIA-BELFALAS, UNA STORIA COMUNE ED UN FUTURO ISPIRATO

Non abbiamo molte notizie riguardo la geologia e la storia della Baia di Belfalas ma la sua conformazione geografica ci permette di collegarla alla nostra isola d’Ischia, che è ricca di insenature , anfratti nel mare ed appunto, baie, come la famosa di “Santa Restituta”.

Porto di navi, scambi commerciali e mercato della viticoltura e pesca, sono queste le “vie del mare” che nell’antichità hanno dato pane e lavoro ad Ischia, qualità note in generale ai paesi che vivono sulle coste e che si approvvigionano di queste potenzialità così utili.

Questo percorso culturale-fantastico ci ispira un modello di ritorno e di riscoperta del tempo “buono”, con le sue sfaccettature di semplicità (o di povertà anche, intesa come povertà di vizio o di eccessivo materialismo) e con “l’amore per la natura e per ciò che cresce dalla terra”, parole del personaggio Sam Gamgee, l’amante per eccellenza della terra e della flora.

Ischia è sinonimo di termalismo, ma nel cuore dei suoi favolosi abitanti vive un’occhio critico alla sua immensa natura e alla sua indiscutibile potenzialità di archetipo secolare che unisce moderno e antico.

Ischia-Belfalas è un campo base, polmone per una vita eco-sostenibile

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