Lo Hobbit: La Battaglia delle Cinque Armate, dal libro al film

Il 21 Settembre 1937 venne pubblicato “The Hobbit”, o “There and Back again” di J.R.R. Tolkien, dalla Allen & Unwin, dopo una magnifica recensione del figlio di Stanley Unwin, Rayner, di 10 anni:

« Bilbo Baggins era un Hobbit che viveva in una caverna Hobbit e non aveva mai avventure, un giorno lo stregone Gandalf lo persuade a partire. Ha delle eccitanti avventure con orchi e mannari. Alla fine arrivano alla Montagna Solitaria; Smaug, il drago che vi abita è ucciso e dopo una terrificante battaglia ritorna a casa ricco!!!

The Hobbit, First Edition, Allen & Unwin, 1937

Le riprese del primo film, “Lo Hobbit, Un Viaggio Inaspettato”, iniziate il 21 marzo 2011, hanno portato finalmente sul grande schermo l’avventura dell’Hobbit Bilbo Baggins, ingaggiato come “scassinatore” da una compagnia di 12 nani e da uno Stregone Grigio anziano, un pò strano direbbero nella Contea (luogo natale di Baggins), alla volta della Riconquista di un tesoro e di Erebor, montagna e dimora nativa dei nani guidati da Thorin Scudodiquercia.

Lo Hobbit, un Viaggio Inaspettato

Cosa riconquistare? Erebor (in lingua Sindarin), o chiamata anche comunemente “La Montagna Solitaria” è un regno fondato dal nano Thráin I il Vecchio, fuggito dalle caverne di Moria dopo l’avvento di un Balrog (un demone dell’antichità).

Tale regno venne abbandonato dal suo successore Thorin I, il quale preferì trasferirsi alle Montagne Grigie. Le suddette Montagne Grigie (chiamate anche Ered Mithrin) vennero infestate dai draghi e Thror figlio di Dáin I decise di ritornare alla Montagna Solitaria nel nord-est della Terra di Mezzo, fondando un nuovo regno prospero,dovuto anche al commercio instaurato (e gli ottimi rapporti) con gli uomini della vicina città di Dale sul Lago Lungo. Erebor è destinata a soccombere con l’arrivo del drago Smaug (l’ultimo drago ancora esistente), che distruggerà, nel 2770 della Terza Era, la città di Dale e caccerà dalle aule di Erebor tutti i nani della dinastia “della Montagna”, a scopo di supportare gli orchi di Sauron nella sua lotta per la conquista della Terra di Mezzo.

« Thorin aveva un aspetto veramente regale, rivestito di una cotta di maglia dorata, con un’ascia dal manico d’argento infilata in una cintura incrostata di pietre scarlatte. »                       (J.R.R. Tolkien, Lo Hobbit.)

“La Battaglia delle cinque armate” segue “La Desolazione di Smaug” e conclude la saga Tolkeniana de “Lo Hobbit”; Esgaroth (Pontelagolungo) è una città di uomini che fa da scenario ai primi eventi sullo schermo e viene incendiata e distrutta in poco tempo dalla foga di Smaug. Bard l’arciere (interpretato dal gallese Luke Evans), il coraggioso uomo desideroso di riscatto per il suo antenato Girion, pone fine alla vita dell’ultimo drago della Terra di mezzo con la “Freccia nera” dei suoi avi: si narra che un tordo ad un tratto si avvicina a Bard e gli indica il punto debole del drago. Bard, che riesce a capire il linguaggio del tordo in quanto discendente dei re della Valle, scaglia così la freccia nel punto indicatogli.

« Freccia nera! Ti ho conservata per ultima. Non mi hai mai tradito e io ti ho sempre recuperata. Ti ho avuto da mio padre ed egli ti ebbe dai suoi antenati. Se veramente provieni dalla fornace del vero Re sotto la Montagna, va ora dritta al bersaglio, e buona fortuna! »
(Bard prima di scagliare la Freccia Nera contro Smaug, Lo Hobbit, cap. 14)

Bard prende il controllo dei superstiti e si dirige verso la Montagna, cercando riparo per la sua gente ed invocando Thorin per la promessa di una parte del tesoro, motivo che renderebbe la vita agli esuli della distruzione di Smaug: Thorin si rinchiude nelle sale del tesoro rifiutandosi di cedere le sue ricchezze, già soggiogato della “malattia dell’oro”, chiamata anche “malattia del drago, che ha ossessionato perfino il drago che ha trascorso anni ed anni nella sala del tesoro di Erebor come un custode geloso ed infido.

« Il mattino seguente, di buon’ora, una compagnia di soldati armati di lancia fu vista attraversare il fiume e marciare su per la valle. Portavano con loro il grande stendardo del re degli Elfi e l’azzurro stendardo del lago, e avanzarono finché non si fermarono proprio davanti al muro della Porta. Di nuovo Thorin li apostrofò a gran voce: “Chi siete voi che venite armati per far guerra alle porte di Thorin figlio di Thrain, Re sotto la Montagna?” Questa volta gli fu risposto. Un uomo alto si fece avanti, scuro di capelli e in volto, e gridò: “Salute a te, Thorin! Perché ti barrichi come un ladro nel suo covo? Ancora non siamo nemici, e ci rallegriamo che siate vivi, al di là di ogni nostra speranza. Siamo venuti credendo di non trovare nessuno qui; tuttavia, ora che ci siamo incontrati, abbiamo alcune questioni su cui parlamentare e metterci d’accordo”. » (J.R.R. Tolkien, Lo Hobbit.)

La pellicola accende l’enfasi dell’ossessione di Thorin, ricollegandola e rendendola verosimile a quella di Gollum o Bilbo verso l’Unico Anello: sguardi oscuri intercalati da lievi ritorni di coscienza e dettagli profondamente vividi di gemme preziose e tesori elfici che illuminano la sua iride ammaliata. Un Richard Armitage che copre il suo ruolo con regalità e grazia, mostrando fedeltà al libro riguardo il suo lato oscuro perverso dalla bramosia e corrotto perfino nei sentimenti verso i suoi parenti.

« Nei giorni precedenti, Thorin aveva passato lunghe ore nella sala del tesoro, ed era oppresso dalla brama di possederlo. Pur cercando soprattutto l’Arkengemma, aveva messo gli occhi su tante altre meraviglie ammassate laggiù, splendidi oggetti che suscitavano in lui antichi ricordi delle fatiche e dei dolori della sua stirpe. »

(J.R.R. Tolkien, Lo Hobbit)

Si apre un netto cambio di scena con Dol Guldur, molto atteso e molto caro ai fan di Tolkien (e molto commentato):

Dol Guldur, adattamento cinematografico di Peter Jackson

Sul finire dell’estate di quell’anno (2941) Gandalf era riuscito a indurre Saruman e il Bianco Consiglio ad attaccare Dol Guldur, e Sauron si ritirò rifugiandosi a Mordor, per essere, egli credeva, al sicuro da tutti i nemici. (Il Signore degli Anelli, Appendice A, pag. 1164)

Hill of Sorcery, era una fortezza di Sauron nel Bosco Atro meridionale. Viene chiamata anche “fortezza del Negromante”.

Nella trasposizione cinematografica di Peter Jackson, Dol Guldur è la culla di eventi molto importanti: Galadriel (interpretata dal premio oscar Cate Blanchett per il film “Blu Jasmine” nel 2014 e per “The Aviator” nel 2005), respinge Sauron col potere di Nenya verso Mordor, dopo una intensa battaglia tra gli Spettri dell’Anello e il Bianco Consiglio, presenti all’appello Elrond (Hugo Weaving), Saruman (Christopher Lee) e Gandalf (Sir Ian Murray McKellen), quest’ultimo decisamente in un ruolo un pò troppo forzato e poco fedele al libro. Gandalf non è stato mai prigioniero di Sauron a Dol Guldur; tale particolare incontrovertibile e la vicenda dell’allontanamento di Sauron da Dol Guldur affondano le loro radici ne “Il Signore degli Anelli”:

Il Bianco Consiglio credeva che il potere fosse detenuto da uno dei Nazgûl, ma Gandalf pensava che il male stanziato a Dol Guldur potesse essere quello di Sauron. Quando Gandalf vi si recò, nel 2063, Sauron, non ancora potente, fuggì verso est per poi fare ritorno nel 2460, tre anni prima del ritrovamento dell’Unico Anello da parte di Sméagol lo Sturoi. (J.R.R. Tolkien, Il Ritorno del Re,  Appendice B, p. 430-1.)

Gandalf racconta dei particolari di Dol Guldur a Frodo,Sam,Merry,Pipino e Gimli in una casa di Minas Tirith, dopo la incoronazione di Re Elessar:

Dovevo essere al Consiglio Bianco in agosto al più tardi, altrimenti Saruman l’avrebbe avuta vinta, e non si sarebbe fatto un bel nulla perchè […] il potere di Dol Guldur non avrebbe lasciato correre nessun tentativo di arrivare ad Erebor, a meno che non avesse altro cui pensare. […] Mi ricordai di un mio pericoloso viaggio, compiuto novant’anni prima, quand’ero entrato a Dol Guldur sotto mentite spoglie e ci avevo trovato un povero Nano morente nei pozzi; […] “l’ultimo dei sette”, continuava a ripetere. Comunque, mi diede la mappa e la chiave. “Per mio figlio”, mi disse, e poi morì, e poco dopo io stesso me la svignai. (J.R.R. Tolkien, Racconti incompiuti, parte III, la cerca di Erebor

)

Galadriel, nella bellissima scena di Dol Guldur, in veste di “salvatrice” di Gandalf (questa, un’altra nota di forzatura, vedi J.R.R. Tolkien, Racconti incompiuti, parte III, la cerca di Erebor, pag.437-8) si adopera insieme a Elrond e Saruman nel cacciare via il Negromante dalla fortezza in modo definitivo: Le scene teatralmente sono ineccepibili: Nenya è il potere predominante, l’unico in grado di poter tenere testa alla potenza rinascente del corrotto Maia. L’uso dell’anello di Adamant sortisce in Galadriel un effetto impressionante ed il suo passato da ribelle Noldorin contro i Valar sprigiona la forza incommensurabile e necessaria per mettere fine a Dol Guldur.

Una scena epica, che riporta per alcuni tratti alla “prova” di Caras Galadon, quando Frodo tentò la regina con l’Unico Anello.

Dol Guldur, la cacciata di Sauron (adattamento di Peter Jackson)

Il calderone della Montagna bolle e sta per scoppiare: Le trattative non vanno a buon fine: Thranduil e Bard sono pronti ad attaccare la Montagna con l’esercito elfico di Bosco Atro. Thorin è scontrosamente adirato perché non riesce a trovare l’Archengemma, che in realtà è saggiamente nascosta nelle mani di Bilbo.

Lo Hobbit, lo “scassinatore”, entra in azione: abbandona la montagna di Erebor e si reca all’accampamento elfico di Thranduil, dove intanto è sopraggiunto anche Gandalf. La scena è eloquente, Bilbo consegna la sua mercanzia (e fa ritorno a Erebor) per dare una chance atta a non innescare questa imminente battaglia: l’Archepietra di Thrain è offerta al re Elfico e a Bard, i quali tenteranno un’ultima opera di convinzione, così come recitano i passi:

« “Salute, Thorin! “ disse Bard. “Sei ancora dello stesso parere?”. “Io non cambio parere coll’alba e il tramonto di pochi soli” rispose Thorin. “Siete venuti a farmi domande oziose? L’esercito degli elfi non se ne è andato via, come avevo intimato! Fino ad allora inutilmente vieni a trattare con me!”. “Non c’è nulla per cui cederesti un po’ del tuo oro?”. “Nulla che tu o i tuoi amici abbiate da offrire”. “E se fosse l’Archepietra di Thrain?” disse Bard, e a quella parole il vecchio aprì il cofanetto e tenne alta la gemma. La luce filtrò dalla sua mano, vivida e bianca nel mattino. Allora Thorin ammutolì, stupefatto e confuso. Per un lungo momento nessuno parlò. Alla fine Thorin ruppe il silenzio, e la sua voce era densa di collera. “Quella pietra era di mio padre, e appartiene a me” egli disse. “Perché dovrei comprare quello che mi appartiene?”. Ma lo stupore lo sopraffece ed egli aggiunse: “Ma come avete fatto a impadronirvene di questo cimelio della mia famiglia? Ammesso che ci sia bisogno di fare una domanda simile a dei ladri…”. “Noi non siamo ladri” rispose Bard. “Quello che ti spetta ti verrà restituito in cambio di quello che spetta a noi”. “Come avete fatto a impadronirvene?” urlò Thorin in un crescendo di collera. “Gliel’ho data io!” squittì Bilbo, che faceva capolino da sopra il muro, ormai spaventato da morire. “Tu! Tu!” gridò Thorin, voltandosi verso di lui e afferrandolo con entrambe le mani “Miserabile hobbit! Sottosviluppato! Scassinatore!” egli gridò mancandogli le parole, e scosse il povero Bilbo come un coniglio. “Per la barba di Durin! Come vorrei che Gandalf fosse qui! Che sia maledetto, lui che ti ha scelto! Che gli caschi la barba! Per quanto riguarda te, ti scaraventerò giù dalle rocce!” gridò, e sollevò Bilbo colle braccia. “Fermo! Il tuo desiderio è esaurito!” disse una voce. Il vecchio col cofanetto buttò da parte cappuccio e mantello. “Ecco qua Gandalf! E neanche troppo presto, a quel che vedo! Se non ti piace il mio scassinatore, per piacere non danneggiarmelo. Mettilo giù, e ascolta cosa ha da dire!”.

J.R.R. Tolkien, Lo Hobbit
Thranduil e Bard alle porte di Erebor

Alle porte di Erebor ha inizio una grave battaglia, presentata dai corvi Imperiali di Dain Piediferro, cugino di Thorin (una parte essenziale, ma che non ha avuto un giusto sviluppo per quanto riguarda queste creature dei cieli, che hanno il dono di parlare e capire il linguaggio dei nani). L’esercito degli Orchi spunta grave e immediato sulla scena; il titubante esercito elfico e Bard si lanciano contro il vero nemico che proviene dal Monte Gundabad, guidato da Azog il Goblin che cerca vendetta per la mutilazione subita da Thorin Scudodiquercia, mentre nella realtà il libro narra che l’esercito viene capitanato da Bolg, figlio di Azog il profanatore, ucciso da Dain nella battaglia di Azanulbizar.

La battaglia delle cinque armate ai piedi della Montagna Solitaria

Gli Orchi riducono le forze del Bene allo stremo. Thorin nel suo delirio decide di non scendere in campo, ma quando il Nemico sta per avere la meglio ritrova se stesso, si spoglia della corona e si precipita sulla scena che è esasperante: è pronta la trappola di Azog. Un altro esercito è in arrivo dal Nord, quello di Bolg, che cattura di sorpresa Fili uccidendolo brutalmente davanti agli occhi di Thorin, con dei fotogrammi molto crudi e “sensibili” per il grande schermo. I fatti proseguono in modo coinvolgente ma con toni un po’ più leggeri rispetto alle altre epiche battaglie assistite nella Trilogia de “Il Signore degli Anelli”, come il Fosso di Helm o i Campi del Pelennor. Personaggi di carattere secondario danno il loro apporto, come Legolas nelle sue sfide contro Bolg e Tauriel traumatizzata dalla perdita di Kili avvenuta anch’essa davanti ai suoi occhi. Sentimento, quello di Tauriel, condiviso e non dai fan di Tolkien, ma che ha apportato una nota di dinamismo nel film, forse non necessario, ma che ha dilazionato i fatti creando una sub-parte moralistica rivolta al sacrificio ed al Bene.

Legolas ha la meglio su Bolg uccidendolo.

Tolkien recita diversamente:

Durante lo scontro, Bolg, affiancato dalle sue guardie del corpo, affrontò moltissimi nemici e riuscì ad andare vicino alla vittoria, ma fu ostacolato dall’intervento del mutapelle Beorn, giunto improvvisamente sul campo di battaglia. Beorn, dopo aver sbaragliato le guardie del corpo di Bolg, attaccò l’orco, “lo abbatté e lo calpestò”. Alla morte del loro capo, l’esercito degli orchi e dei mannari si disgregò in preda al panico e fu sconfitto definitivamente. (J.R.R. Tolkien, Lo Hobbit,  Capitolo 18 – “Il viaggio di ritorno”, pp. 326)

Lo scontro tra Thorin e Azog è al cardiopalma: Thorin uccide il suo arci-nemico ma resta ferito mortalmente. Quando ormai sono arrivate le aquile con Beorn e Radagast a cambiare le sorti della battaglia, Bilbo si precipita al capezzale di Thorin (che in realtà era stato trafitto da lance nella mischia della battaglia) e recitano un breve riassunto del celebre discorso:

« Thorin: Addio, buon ladro. Io vado ora nelle sale di attesa a sedermi accanto ai miei padri, finché il mondo non sia rinnovato. Poiché ora l’oro e l’argento abbandono, e mi reco là dove essi non hanno valore, desidero separarmi da te in amicizia, e ritrattare quello che ho detto e fatto alla Porta.
Bilbo: Addio, Re sotto la Montagna! Amara è stata la nostra avventura, se doveva finire così; e nemmeno una montagna d’oro può essere un adeguato compenso. Tuttavia sono felice di avere condiviso i tuoi pericoli: questo è stato più di quanto un Baggins possa meritare.
Thorin: No! In te c’è più di quanto tu non sappia, figlio dell’Occidente cortese. Coraggio e saggezza, in giusta misura mischiati. Se un maggior numero di noi stimasse cibo, allegria e canzoni al di sopra dei tesori d’oro, questo sarebbe un mondo più lieto. Ma triste o lieto, ora debbo lasciarlo. Addio! »

La morte di Thorin, scena tratta dal film

Il ruolo di Beorn pare sia stato designato come di livello secondario, un pò arbitrariamente nella versione del grande schermo: pochi secondi di apparizione, purtroppo, non fanno giustizia al fatto che in realtà ha tirato fuori dalla mischia il corpo trafitto di Thorin.

Le aquile che si presentano sul campo di battaglia, stravolgendo ancor di più l’esito della battaglia in positivo, vengono menzionate anch’esse marginalmente.

Non viene fatta menzione della parte del tesoro consegnata a Bard per la ricostruzione di Pontelagolungo, nè tantomeno l’incoronazione di Dain e i funerali di Thorin, anche se sappiamo verranno resi noti nella Versione Estesa, come riportato da BadTaste.it nell’articolo del 25 dicembre 2014, che potete visionare qui: 

La differenza tra me i fan è che io sono l’unico fortunato ad aver fatto il film. (1 Dicembre 2014, alla Premiere dell’ultimo film della trilogia “Lo Hobbit”)

Peter Jackson

Peter ha seminato dentro la pellicola i tratti salienti della storia, a volte in modo integerrimo, a volte stravolgendo i fatti, donando al mondo degli appassionati di Tolkien (tra i quali è annoverato anch’egli) un romanzo non più da immaginare, cosa avvenuta anche per “Il Signore degli Anelli”. Essere amanti di Tolkien non vuol dire sminuire, a mio parere, l’opera cinematografica di questo grande regista che si è affacciato sul mondo del Fantasy con tanto coraggio ed esplorando tecniche man mano sempre più efficienti, da vero pioniere del mondo del cinema; invero alcune parti meritavano essere o non essere menzionate, ma nel complesso, la qualità del film appaga le aspettative dell’appassionato del romanzo (quello “non molto puntiglioso”).

Il Viaggio continua….

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